Buongiorno!
Ti scrivo da Napoli, dove mi trovo per partecipare ad un evento durante cui parlerò di Intelligenza Artificiale Generativa e Creatività. No, la foto che vedi in alto non è reale, è un finto scorcio di Napoli realizzato con Midjourney. Presagio del monito (che trovi nei link sotto) lanciato da Jack Dorsey settimana scorsa.
La Corrente di oggi è una celebrazione di qualcosa che è sempre più difficile da fare: annoiarsi e staccare dal lavoro.
A tal proposito, questa è l’ultima newsletter prima dell’estate. Riprenderò a Settembre con, forse (ci sto ancora pensando), un nuovo format. Continuerò però a condividere post e riflessioni su Linkedin, quindi se non siamo ancora in contatto, mi trovi qui.
Buona lettura!
Jacopo
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Corrente #109: Leisure Sickness.
Prendersi una pausa, di tanto in tanto, aiuta. Persino annoiarsi è fondamentale per la nostra creatività. Perché annoiarsi vuol dire avere tempo per sé. Avere tempo per pensare, tempo per svuotare la mente, tempo per riflettere, tempo per lasciarsi sorprendere da quello che potrebbe accadere o da quello che potremmo osservare, ma che non vediamo perché siamo sempre immersi in qualsiasi attività che ci eviti, in tutti i modi, l’horror vacui di un momento passato senza fare nulla.
Come scriveva Paul Valéry, tutto inizia con un’interruzione. E aveva ragione. Dante scrisse la «Divina Commedia» durante l’esilio in Lunigiana. Così come Macchiavelli che scrisse «il Principe» mentre entra esiliato all'Albergaccio lontano dalla vita politica fiorentina. Newton scoprì la forza di gravità mentre era a casa da scuola perché il Trinity College era chiuso per la peste. Bertrand Russell scrisse la sua monumentale «Introduzione alla filosofia matematica» mentre scontava il periodo di carcerazione per la sua partecipazione al movimento pacifista inglese.Hobbes scrisse il Leviatano mentre era in esilio volontario a Parigi per sottrarsi ai pericoli della Guerra civile inglese. E Mary Shelley scrisse «Frankenstein» mentre era obbligata a stare chiusa nella residenza di Villa Diodati per sfuggire a quello che passerà alla storia come l'Anno senza estate.
Se qualcosa è noioso dopo due minuti, proviamo a ripeterlo per quattro, recita un detto della filosofia zen, e se è ancora noioso, continuiamo per altri otto minuti. Poi per sedici. E poi ancora per trentadue fino a quando non scopriremo che non è per nulla noioso.
Se qualcosa è noioso dopo due minuti, proviamo a ripeterlo per quattro e se è ancora noioso, continuiamo per altri otto minuti. Fino a quando non scopriremo che non è per nulla noioso. La noia è un passaggio necessario per raggiungere qualsiasi obiettivo. Tutto quello che conta, passa, da un momento di noia.
La noia è un passaggio necessario per raggiungere qualsiasi obiettivo. Per scrivere un romanzo bisogna passare per alcuni ripetitivi momenti di noia. Così come per imparare qualcosa di nuovo o lanciare una nuova iniziativa imprenditoriale. Tutto quello che conta, passa, da un momento di noia.
Eppure annoiarci ci terrorizza. L'idea di rimanere da soli con i nostri pensieri senza avere nulla da fare al posto di rilassarsi ci agita, ci sentiamo inquieti, tanto che secondo uno studio pubblicato su Science nel 2014, le persone preferiscono ricevere delle piccole scariche di Elettroshock piuttosto che stare da soli con i propri pensieri.
Questa sindrome trova la sua massima espressione nel concetto di «Leisure Sickness», ovvero una condizione psicologica per cui alcune persone si ammalano o si sentono a disagio durante i weekend, le vacanze o, più in generale, quando si prendono una pausa dal proprio lavoro.
Un fenomeno sempre più diffuso di cui ha parlato anche il filosofo Byung-Chul Han nel saggio «La scomparsa dei riti: Una topologia del presente» dove scrive che «per alcuni, il tempo libero è un tempo vuoto che provoca horror vacui. La crescente pressione sulla prestazione non rende possibile nemmeno una pausa per riprendersi, per cui molti si ammalano proprio nel tempo libero [...] che diventa così un’angosciante forma vuota di lavoro e il riposo attivo, rituale, cede il passo a un angosciante far niente.»
Simile alla «Leisure Sickness» è la «Paradise syndrome», un termine utilizzato per indicare quel senso di di insoddisfazione che proviamo anche quando abbiamo realizzato tutti i nostri sogni. Una sorta di sindrome che si applica spesso a persone che hanno guadagnato così tanti soldi e hanno raggiunto così tanto successo che sentono di non avere più nulla da realizzare nella propria vita.
Quella fastidiosa sensazione di poter avere sempre di più. Non tanto perché si vuole avere di più ma perché si ha l’illusione di poter avere di più. L'illusione che il nostro tempo debba essere sempre ottimizzato, compresso e vissuto in ogni suo istante. Applicando le stesse logiche del consumismo materiale anche alle nostre vite.
Un sentimento rappresentato perfettamente nella canzone «Reflektor» degli Arcade Fire e in particolare dalla strofa principale che recita come un mantra: «If this is heaven I need something more». Una frase che sintetizza bene quell’ansia di non avere mai abbastanza. Quella fastidiosa sensazione di poter avere sempre di più. Non tanto perché si vuole avere di più ma perché si ha l’illusione di poter avere di più.
L'illusione che il nostro tempo debba essere sempre ottimizzato, compresso e vissuto in ogni suo istante. Applicando le stesse logiche del consumismo materiale anche alle nostre vite.
E allora in un mondo che fa di tutto per non farci annoiare mai, dove qualsiasi attimo della nostra vita è occupato da un messaggio o da una pubblicità, forse un buon obiettivo per quest'estate potrebbe essere quello di concederci un lusso sempre più raro e prezioso: il lusso della noia.
Cose interessanti che ho trovato o scritto online e offline.
/ Su Intelligenza Artificiale Generativa:
Le bellezze del primo concorso di "MISS AI" sono stereotipate, ma... i nostri concorsi di bellezza sono poi così diversi? [Linkedin]
Come introdurre l'IA in azienda in 4 passaggi. [Linkedin]
L'Intelligenza Artificiale Generale potrebbe arrivare entro il 2027. Più che una minaccia o un'opportunità, è una sfida. [Linkedin]
Cosa resterà dell'Advertising? Resterà la qualità delle nostre idee. [Linkedin]
E anche per Eric Schmidt abbiamo ancora 5 anni. [Linkedin]
Claude 3.5 Sonnet non è ancora così potente ma promette bene. [Linkedin]
Sempre su Claude, martedì Anthropic ha lanciato i loro AI assistant chiamati Projects. [Link]
Perché l'IA ha (ancora) le allucinazioni? [Link]
Secondo Jack Dorsey in futuro sarà sempre più difficile distinguere la realtà dal DeepFake. [Link]
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/ Su altre cose interessanti:
Questa settimana ho visto «BlackBerry» di Matt Johnson. Un film che oltre a raccontare l'incredibile ascesa e caduta del BlackBerry (di cui sono stato anni e anni fa un utilizzatore) mette bene in luce i passaggi tipici di una startup che opera nel settore Tech. Incredibile come, sebbene la storia sia ambientata agli inizi degli anni Duemila, sembra un'epoca molto più distante. Segno di come la tecnologia abbia accelerato le nostre vite. [Link]
Sempre questa settimana ho letto «Breve storia della filosofia» di Nigel Warburton, un libro che ripercorre il pensiero di una quarantina di filosofi partendo da Socrate e arrivando fino a Peter Singer. Sebbene talvolta sia un po' superficiale, il libro permette di rispolverare domande e riflessioni che hanno fatto la storia del pensiero occidentale. [Link]
Su DisneyPlus ti consiglio «We Were the Lucky Ones», mini-serie ispirata alla storia vera della famiglia ebrea polacca Kurc durante gli anni del Nazismo e della Seconda Guerra Mondiale. [Link]
Mantre su Sky ti consiglio la serie «Il simpatizzante». Adattamento televisivo del romanzo del 2015, vincitore del premio Pulitzer per la narrativa, «Il simpatizzante» di Viet Thanh Nguyen. Unica nota che forse stona, dal mio punto di vista, è il montaggio che rende più complesso seguire la storia (metà della quale recitata in lingua vietnamita). [Link]
Una To Do List di cose da non fare. [Link]
Qualche consiglio per gestire le nostre differenti identità sociali. [Link]
Alcuni retroscena ed effetti speciali di scene iconiche. [Link]
Indovina l'immagine pixelata. [Link]
Muro Filosofico
«Sono o non sono come ho detto prima?»
- sui muri di Milano
Penso che Cartesio, nel suo sforzo di trovare una base indubitabile per la conoscenza, potrebbe interpretare 'Sono o non sono come ho detto prima?' come una domanda sulla certezza dell'identità e dell'esistenza. Per Cartesio infatti, la certezza inizia con il 'cogito, ergo sum' (penso, dunque sono). Questa frase potrebbe dunque riflettere la ricerca di una comprensione autentica dell'esistenza, ponendo la questione se l'essere di una persona sia come essa lo percepisce o lo descrive.
David Hume invece, con la sua indagine sul sé e sull'identità personale, potrebbe vedere in 'Sono o non sono come ho detto prima?' un'esplorazione della natura effimera e illusoria del sé. Hume sosteneva che il 'sé' è solo una collezione di percezioni diverse e che non c'è un 'io' costante nel tempo. La domanda potrebbe allora riflettere il dilemma di definire o comprendere il sé in termini fissi o statici.