Buongiorno!
Solo questa settimana (ed è ancora venerdì mattina):
Runway ha rilasciato Act-One con cui è possibile creare video con personaggi coerenti.
Anthropic ha rilasciato Claude Computer use con cui possiamo automatizzare task direttamente sul nostro computer.
Ideogram ha rilasciato Canva con cui possiamo modificare le immagini generate.
Stability ha rilasciato Stable Diffusion versione 3.5
Canva ha rilasciato Dream-Lab per generare immagini.
Microsoft ha rilasciato Copilot Agents per creare degli assistenti personalizzati in Copilot.
Eleven Labs ha rilasciato Voice Design con cui possiamo generare delle voci uniche solo con prompt testuali.
Midjourney ha rilasciato il suo nuovo editor che ci permette di editare immagini esterne.
Non sono novità che hanno annunciato e che usciranno tra qualche mese. Sono tutte funzioni già operative.
E non sono le uniche. Ogni giorno escono aggiornamenti, nuove funzioni e nuovi strumenti che da una parte rendono il nostro modo di lavorare obsoleto da un giorno con l'altro, dall'altro ci danno l'opportunità di esplorare nuove idee, re-inventarci come professionisti o ampliare la nostra offerta.
Non è facile stare dietro a tutte queste novità. C'è il rischio di perdersi dietro troppi strumenti o di farsi prendere dall'ansia.
Non stupisce che, secondo una ricerca pubblicata sull'ultima newsletter di Prompt Design, il 96% dei lavoratori negli Stati Uniti prova stress nell'adattarsi all'AI sul lavoro. Il 40% fatica a integrare l'AI nelle attività quotidiane e il 75% non si sente sicuro nell'utilizzo della tecnologia. I dipendenti chiedono formazione e strategie chiare per migliorare la transizione, mentre solo il 34% dei manager si sente preparato a supportare i team.
La soluzione, dal mio punto di vista è: Meno Stress e Più Test.
Ovvero, formarsi per comprendere cosa sia l'Intelligenza Artificiale Generativa, come funziona e quali siano i limiti e le opportunità. E poi sperimentare, provare a fare le cose diversamente, ammettere di poter sbagliare, e condividere soluzioni trovate e errori fatti.
Se vediamo l'IA come qualcosa che dobbiamo adattare può generare stress, se invece la vediamo come qualcosa che possiamo usare per accrescere la nostra professione può trasformarsi in qualcosa che non è solo utile ma anche divertente.
Questo vale per l'IA come per molte altre attività. Spesso siamo stressati non per cosa facciamo ma per come lo facciamo. È una questione di pensiero più che di azione. Ci stressiamo perché pensiamo troppo a quello che stiamo facendo o a quello che vorremmo o pensiamo di dover fare. Quando invece spesso la scelta migliore è provarci e basta. Fare un piccolo test, vedere come va e poi decidere se continuare a farlo oppure no.
Buona lettura!
PS: Venerdì prossimo è il primo Novembre, giorno di festa, e mi prendo una pausa dalla newsletter. Ci rivediamo l'8 Novembre!
Sono Jacopo Perfetti, mi occupo di robot in grado di scrivere e scrivo cose che i robot non sanno (ancora) scrivere.
Qui puoi iscriverti al mio corso "Prompt, Chi Parla?", usa il codice N30 per avere il 30% di sconto.
Tutti i testi e le immagini che trovi in questa newsletter sono pensati e curati da me, ma generati da un'Intelligenza Artificiale Generativa.
/ Futuro: Intelligenza Artificiale Generativa
👩💼 Ogni volta che vedo un video come questo in cui esseri umani interagiscono con consulenti virtuali basati su IA, non mi domando quanto questi avatar siano vicino o lontani da noi, ma al contrario quanto noi esseri umani siamo vicini o lontani da loro. [Guarda il video]
😉 Stay Hungry Stay... Focus! [Leggi]
📷 Uno dei limiti della generazione di immagini con Intelligenza Artificiale Generativa era quello di creare fotografie o illustrazioni con prodotti specifici. Ma adesso c'è FLUX. E anche questo problema inizia (spoiler: non è ancora perfetto) a non essere più un problema. FLUX è uno strumento per la generazione immagini che permette di allenare un modello su un prodotto specifico. [Link]
🤖 Un ex ricercatore di OpenAI, Suchir Balaji, ha criticato l'azienda per l'uso illecito di materiale protetto da copyright nella formazione di ChatGPT, sostenendo che ciò viola la legge e danneggia l'ecosistema dei contenuti. Balaji, che ha contribuito all'addestramento di GPT-4, ha affermato che OpenAI non dovrebbe poter invocare il "fair use" per giustificare l'uso dei dati online. Questa settimana ha lasciato l'azienda anche il ricercatore Miles Brundage, mentre è stato nominato come nuovo capo economista Aaron Chatterji, ex consigliere della Casa Bianca. [Leggi l'articolo - a pagamento]
🎨 5 nuovi codici SREF. [Link]
💔 La partnership tra OpenAI e Microsoft, iniziata come un potente accordo quinquennale, sta attraversando una fase di tensione. OpenAI è insoddisfatta delle risorse informatiche limitate fornite da Microsoft e ci sono divergenze su alcune clausole contrattuali chiave. Una di queste prevede che, se OpenAI sviluppasse AGI (intelligenza artificiale generale), Microsoft potrebbe essere esclusa dall'accesso a tale tecnologia. OpenAI, guidata da Sam Altman, decide quando si raggiunge l'AGI, che secondo Altman non emergerà improvvisamente, ma sarà un processo graduale. [Leggi l'articolo - a pagamento]
😴 Per la prima volta, due persone hanno comunicato nei loro sogni grazie a un esperimento condotto da REMspace. I partecipanti hanno indotto sogni lucidi e scambiato un semplice messaggio utilizzando apparecchiature speciali che monitoravano i loro dati cerebrali. Questo traguardo, raggiunto durante la fase REM, potrebbe aprire nuove possibilità di comunicazione e sviluppo umano. [Leggi l'articolo]
/ Presente: Fenomeni dell’epoca corrente
Deadbot
(n.) Chatbot creati tramite Intelligenza Artificiale Generativa che permettono di simulare conversazioni con persone defunte, ricreando il loro modo di parlare e pensare attraverso dati e ricordi.
Nel 1640, il filosofo Cartesio visse un’esperienza straziante: la perdita della figlia Francine, di appena cinque anni. Sopraffatto dal dolore, Cartesio costruì un automa, una bambola meccanica a grandezza naturale, che riproduceva le sembianze della sua amata figlia. Questo gesto, un tentativo di preservare la memoria di Francine e forse di colmare il vuoto lasciato dalla sua assenza, può essere visto come un precursore primitivo di ciò che oggi definiamo “Deadbot”.
I Deadbot rappresentano un fenomeno contemporaneo che fonde tecnologia e lutto, permettendo di simulare conversazioni con persone defunte attraverso l’uso dell’Intelligenza Artificiale Generativa. Questi chatbot vengono creati utilizzando i dati e i ricordi lasciati dalla persona scomparsa, ricreando il suo modo di parlare e di pensare. È come se l’essenza digitale di una persona potesse sopravvivere alla sua morte fisica, offrendo ai vivi la possibilità di continuare a interagire con i propri cari.
Questa tecnologia sta rapidamente guadagnando terreno, specialmente in paesi come la Cina. Durante il festival del “Tomb-sweeping”, dedicato alla commemorazione dei defunti, molti cinesi stanno adottando l’Intelligenza Artificiale per creare avatar digitali dei loro cari scomparsi. Questi incontri virtuali, disponibili a prezzi accessibili, variano dalla semplice riproduzione della voce a cloni digitali più sofisticati.
L’industria del Digital Afterlife sta crescendo a un ritmo vertiginoso. Aziende come HereAfter offrono “memorie interattive” con la voce del defunto, mentre altre come MyWishes permettono di inviare messaggi pre-programmati ai propri cari dopo la morte. La Hanson Robotics ha addirittura creato un busto robotico di una donna scomparsa, capace di conversare e persino di seguire un corso universitario. Questi sviluppi stanno ridefinendo i confini tra la vita e la morte nell’era digitale.
Un caso emblematico è quello di Sun Kai, cofondatore di Silicon Intelligence, un’azienda con sede a Nanjing. Dopo la morte improvvisa di sua madre nel 2019, Sun ha utilizzato foto e clip audio delle loro conversazioni su WeChat per creare un avatar digitale di lei. Ora, una volta alla settimana, Sun ha una videochiamata con questa versione digitale di sua madre, condividendo pensieri e preoccupazioni che non discute nemmeno con sua moglie. Sebbene l’avatar possa dire solo poche frasi pre-programmate, Sun trova conforto nel sentire le parole che sua madre ripeteva spesso, come «Hai già mangiato?».
Man mano che la tecnologia progredisce, stiamo assistendo all’emergere di avatar intelligenti sempre più sofisticati. Aziende come Somnium Space stanno sviluppando modalità Live Forever che permettono agli utenti di creare cloni digitali basati su dati accumulati durante la vita, inclusi stili di conversazione, andature e persino espressioni facciali. Questi sviluppi ci costringono a riconsiderare come i nostri comportamenti e le opinioni espresse oggi potrebbero influenzare le versioni digitali di noi stessi destinate a sopravviverci.
Tuttavia, i Deadbot sollevano questioni etiche complesse. Chi ha il diritto di decidere se e come una persona debba vivere digitalmente dopo la morte? Come possiamo garantire che questi avatar digitali rappresentino fedelmente la persona scomparsa? E soprattutto, è davvero salutare per il processo di elaborazione del lutto? Emergono anche preoccupazioni sulla privacy e sull’uso postumo dell’immagine dei defunti, sollevando questioni legali ancora non risolte.
Il professore Shen Yang della Tsinghua University di Pechino sottolinea come, negli ultimi tre anni, il settore cinese dello sviluppo di avatar IA sia maturato rapidamente. Siamo passati da video renderizzati di pochi minuti ad avatar 3D live in grado di interagire con le persone. Inoltre, il costo per resuscitare digitalmente qualcuno è diminuito significativamente, passando da 2.000-3.000 dollari a poche centinaia di dollari, rendendo questa tecnologia accessibile a un pubblico più ampio.
Mentre la tecnologia ci offre nuove possibilità di connessione oltre la morte, dobbiamo riflettere attentamente sulle implicazioni di questa immortalità digitale. I Deadbot ci costringono a riconsiderare i confini tra vita e morte, tra memoria e presenza, tra passato e futuro. In un mondo sempre più digitalizzato, forse il vero lusso sarà poter scegliere di essere dimenticati.
Fonte: Spectrum, Wired, Swiss Institute, The Guardian, MIT
/ Passato: Muri Filosofici
«Lasciateci spaziare»
- sui muri di Bologna
"Lasciateci spaziare" - una frase che risuona profondamente con il pensiero di Henri Lefebvre sulla produzione sociale dello spazio. Per Lefebvre, lo spazio non è semplicemente un contenitore vuoto o un dato geografico, ma una costruzione sociale complessa, prodotta e riprodotta attraverso le pratiche quotidiane, le relazioni di potere e le rappresentazioni culturali. In quest'ottica, "spaziare" assume un significato che va ben oltre il semplice movimento fisico: diventa un atto di appropriazione e trasformazione dello spazio sociale. Allo stesso tempo, questa richiesta evoca il concetto foucaultiano di "eterotopia". Michel Foucault ci parla di questi "altri spazi", luoghi reali che funzionano come contro-siti, utopie effettivamente realizzate in cui tutti gli altri luoghi reali che si trovano all'interno della cultura vengono simultaneamente rappresentati, contestati e rovesciati. "Lasciateci spaziare" potrebbe quindi essere interpretato come un appello alla creazione e all'esplorazione di questi spazi alternativi, luoghi di resistenza e di reinvenzione delle norme sociali dominanti.
In un'epoca caratterizzata da crescenti restrizioni alla mobilità, sia fisica che sociale, e da una sempre maggiore sorveglianza e regolamentazione degli spazi pubblici, questa frase ci ricorda dunque che lo spazio non è neutro, ma un campo di battaglia politico e esistenziale. Come sottolineava Doreen Massey, lo spazio è sempre in divenire, sempre aperto e contestato. Tuttavia, questo desiderio di "spaziare" porta con sé una responsabilità. Come avrebbe sottolineato Edward Soja infatti, la giustizia spaziale è inseparabile dalla giustizia sociale. Spaziare non significa semplicemente muoversi liberamente, ma partecipare attivamente alla produzione di spazi più equi e inclusivi. In questo senso, "Lasciateci spaziare" diventa non solo una richiesta di libertà individuale, ma un appello a una pratica collettiva di reinvenzione dello spazio sociale, un invito a immaginare e creare nuovi modi di essere-nel-mondo e di essere-con-gli-altri.