Buongiorno!
Il Muro Filosofico di oggi l'ho trovato in Slovenia, a Lubiana per l'esattezza, recita: «Mesto Ni Firma» che una traduzione automatica mi ha detto significare «Città, non aziende».
È una frase che riassume bene quello che sta succedendo un po' in tutto il mondo, dove il vuoto lasciato da una politica sempre più debole, sempre meno vicina alle persone e sempre meno capace di essere pubblica, sta venendo colmato dal privato.
Aziende pubbliche che vengono privatizzate, sanità privata, scuola privata e privati cittadini, spesso ricchi e potenti imprenditori, che rivestono cariche pubbliche. È successo in Italia, dove Silvio Berlusconi è stato il presidente del Consiglio rimasto in carica più a lungo nella storia dell'Italia repubblicana, e sta succedendo negli Stati Uniti d'America con Donald Trump.
Nel mio romanzo T.E.R.R.A. avevo provato a immaginare un presente alternativo in cui la cosa pubblica è stata completamente privatizzata e i cinque continenti vengono amministrati dalle cinque corporation più potenti della terra con un misto di tecnologia pervasiva e libertà artefatta.
È uno scenario distopico. Non penso si arriverà mai allo smantellamento della cosa pubblica. Però, almeno su un piano ideologico, potremmo avvicinarci. La campagna di Trump è stata permeata da interessi privati, tanto suoi quanto dei suoi sostenitori (primo fra tutti Elon Musk), notizie palesemente false, immagini e video realizzati o alterati con l'Intelligenza Artificiale Generativa, violenza fisica (come nel caso del suo attentato) e verbale (come nel caso dei suoi molti attacchi ad altri politici) e discorsi privi di alcun peso politico ma che hanno comunque attirato l'attenzione di milioni di persone (dallo scoiattolo Peanut "ucciso dallo stato" al match Harris - Tyson).
Eppure, ha vinto.
Buona lettura!
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Sono Jacopo Perfetti, mi occupo di robot in grado di scrivere e scrivo cose che i robot non sanno (ancora) scrivere.
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Tutti i testi e le immagini che trovi in questa newsletter sono pensati e curati da me, ma generati da un'Intelligenza Artificiale Generativa.
/ Futuro: Intelligenza Artificiale Generativa
💬 «È come un grande esperimento e mio figlio è stato solo un danno collaterale» Di tutte le frasi che ho letto sul triste caso di Sewell Setzer, questa è una di quelle che mi ha fatto più riflettere. Sewell era uno dei tanti di adolescenti americani che ogni giorno passa ore su Character.AI a chattare con un avatar, nel suo caso una versione digitale di Daenerys Targaryen verso il quale Sewell aveva sviluppato un trasporto emotivo ai limiti della relazione sentimentale. Quella con il suo avatar è stata l'ultima conversazione che Sewell ha avuto prima di togliersi la vita con un colpo di pistola. [Continua a leggere]
🔮 Saremo quello che un algoritmo dirà che siamo? In realtà è già così, quando qualcuno cerca il nostro nome online motori di ricerca come Google selezionano contenuti che ci identificano e su cui poi la persona che ci ha cercato si fa un'idea su di noi. Oggi però abbiamo una macchina, l'Intelligenza Artificiale Generativa, che non solo cerca i contenuti su Internet ma li analizza e li utilizza per trarre delle conclusioni e creare altri contenuti. [Continua a leggere]
🎨 5 nuovi codici SREF per Midjourney. [Guarda i codici]
🤖 «Con la rivoluzione industriale abbiamo reso il lavoro umano irrilevante, oggi con l’Intelligenza Artificiale stiamo rendendo l’intelligenza umana irrilevante. E questo è molto preoccupante.» E questa è solo la prima frase che mi sono segnato di questa intervista al “Padre” dell’IA, nonché premio Nobel, Geoffrey Hinton. [Continua a leggere]
🚀 Se puoi immaginarlo puoi... testarlo. Non possiamo (ancora) realizzarlo, ma oggi, grazie all'Intelligenza Artificiale Generativa, possiamo dare forma a molti progetti che un tempo avrebbero richiesto tempi e costi inaccessibili. Se abbiamo un'idea per un prodotto, possiamo creare un MockUp con Midjourney e un comunicato stampa o una landing page con Claude o ChatGPT, lanciarlo come Beta e vedere le reazioni del pubblico. Testarlo, e poi in base ai feedback decidere se e come svilupparlo. [Continua a leggere]
🔎 Secondo uno studio di ETH Zurich basato sul sistema di valutazione COMPL-AI, nessuno dei 12 principali modelli, inclusi GPT-4 e Claude 3, soddisfa pienamente i criteri richiesti dall’AI Act dell'UE. GPT-4 ottiene il punteggio migliore ma non supera l'83%, e problemi comuni emergono nella non discriminazione e nella tracciabilità dei contenuti. L’industria tecnologica critica queste normative, ma l’opinione pubblica europea tende a sostenerle. [Leggi lo studio]
📷 Celebrità, da giovani, animate con l'IA. [Guarda le immagini]
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/ Presente: Fenomeni dell’epoca corrente
Overparenting
(n.) Tendenza, facilitata dalla tecnologia, dei genitori a controllare in modo eccessivo e costante i figli in ogni aspetto della loro vita, dalle attività scolastiche alle interazioni sociali, con possibili conseguenze negative per l’autonomia e la crescita dei bambini.
In una puntata della serie Hogan Knows Best incentrata sulla vita del wrestler Hulk Hogan e della sua famiglia, Hogan, in apprensione per la figlia Brooke, decide di tracciarla di nascosto inserendo un Tracking System nella sua auto così da poter monitorare in diretta ogni suo spostamento. Ovviamente, tanto la moglie di Hogan quanto gli spettatori sono allibiti dal suo comportamento. Ed effettivamente, tracciare la macchina della figlia era piuttosto anomalo nel 2005.
Da allora però sono passati quasi vent’anni e quell’anomalia... non è più così anomala. Anzi sono sempre di più i genitori che tracciamo i propri figli dando loro, già a dieci o undici anni smartphone con geolocalizatori così da poterli controllare o chiamare in qualsiasi momento.
Questo comportamento è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio e preoccupante: l’Overparenting. Definito dalla psicologa clinica Judith Locke come un eccesso di assistenza e responsività da parte dei genitori, questo fenomeno si manifesta in modi sottili ma pervasivi nella società contemporanea.
Immaginate un bonsai, curato con dedizione maniacale, protetto da ogni minaccia esterna. Sembra l’immagine della perfezione, ma in realtà è un albero che non potrebbe mai sopravvivere al di fuori del suo ambiente artificiale. Allo stesso modo, i genitori che praticano l’Overparenting, magari anche con le migliori intenzioni, rischiano di crescere figli incapaci di affrontare le sfide del mondo reale.
L’Overparenting si manifesta in vari modi: dall’eccessivo aiuto nei compiti scolastici alla pianificazione ossessiva del tempo libero, dalla lode smisurata all’intervento costante nelle relazioni sociali dei figli. I genitori arrivano persino a credere a tutto ciò che i loro figli dicono, mettendo in discussione l’autorità degli insegnanti o di altri adulti.
Nel particolare, questo fenomeno si manifesta in tre forme principali: iperprotettività, ipercontrollo e iperpermissività. Ognuna di queste forme può avere conseguenze negative sullo sviluppo del bambino e sulla sua capacità di diventare un adulto indipendente e sicuro di sé.
L’iperprotettività può portare a bambini che temono di esplorare il mondo senza l’approvazione dei genitori. L’ipercontrollo può generare ribellione e difficoltà nell’accettare l’autorità. E l’iperpermissività può portare a difficoltà nel gestire la frustrazione e nel rispettare i limiti.
Tutti e tre questi atteggiamenti hanno dunque dei risvolti negativi sull’educazione dei figli. Secondo uno studio del 2012, i bambini cresciuti in un ambiente di Overparenting mostrano una mancanza di resilienza, un senso di diritto esagerato, uno sviluppo inadeguato delle competenze di vita e alti livelli di ansia. In pratica, questi bambini diventano come bonsai: belli da vedere, ma fragili e incapaci di crescere in un ambiente naturale.
La dottoressa Locke suggerisce che i genitori dovrebbero concentrarsi sullo sviluppo di cinque competenze essenziali nei loro figli: resilienza, autoregolazione, intraprendenza, rispetto e responsabilità. Invece di cercare di rendere i propri figli felici in ogni momento o di proteggerli da ogni possibile difficoltà, i genitori dovrebbero permettere loro di affrontare sfide appropriate alla loro età.
In conclusione, l’Overparenting, facilitato dalla tecnologia moderna, rischia di creare una generazione di “bambini bonsai”: apparentemente perfetti, ma in realtà impreparati ad affrontare il mondo. La sfida per i genitori moderni è trovare un equilibrio tra protezione e libertà, tra cura e indipendenza. Solo così potranno crescere figli forti e autonomi, capaci di prosperare anche al di fuori del “vaso” protettivo della famiglia.
Fonti: CNBC, Psychologytoday
/ Passato: Muri Filosofici
«Lasciateci spaziare»
- sui muri di Bologna
"Città, non aziende" - una frase che risuona potentemente con il pensiero di Lewis Mumford sulla città come opera d'arte collettiva. Per Mumford, la città non è semplicemente un agglomerato di edifici e infrastrutture, ma un'espressione della creatività e della vita sociale umana. In quest'ottica, l'affermazione "Città, non aziende" diventa un appello a preservare e coltivare la ricchezza culturale e relazionale della vita urbana, contrapponendola alla mera logica di profitto e efficienza economica. Questa dicotomia evoca anche la critica di Jürgen Habermas alla colonizzazione del "mondo della vita" da parte dei sistemi economici e burocratici. Per Habermas, il "mondo della vita" - lo spazio delle interazioni quotidiane, della cultura e della comunicazione - è sempre più invaso e deformato dalle logiche strumentali del mercato e dell'amministrazione. La città, in quanto incarnazione fisica del mondo della vita, diventa così un campo di battaglia tra queste forze contrastanti.
In un'epoca di crescente corporatizzazione dello spazio urbano, dove le piazze pubbliche cedono il passo ai centri commerciali e i quartieri storici vengono "rivitalizzati" secondo logiche di marketing territoriale, questa frase ci ricorda che la città è, o dovrebbe essere, molto più di un'aggregazione di attività economiche o un marchio da promuovere sul mercato globale. Richard Sennett, nel suo lavoro sulla vita pubblica urbana, sottolinea per esempio l'importanza dello spazio pubblico come luogo di incontro con la diversità e l'imprevedibile. La città, per Sennett, è un luogo dove possiamo imparare a vivere con gli "stranieri", sviluppando così le capacità civiche necessarie per una società democratica. "Città, non aziende" diventa quindi un appello a preservare e coltivare questi spazi di incontro e apprendimento sociale, resistendo alla tendenza a trasformare ogni angolo urbano in un'opportunità di consumo o di profitto. Tuttavia, come avrebbe sottolineato Saskia Sassen, la sfida non è semplicemente quella di resistere alla "aziendalizzazione" della città, ma di riconoscere e coltivare le nuove forme di urbanità che emergono nell'era globale. In questo senso, "Città, non aziende" diventa un invito a ripensare radicalmente cosa significhi vivere insieme nello spazio urbano, a rivendicare la città non come un prodotto da consumare, ma come un'opera collettiva da creare e ricreare continuamente, in dialogo con le sfide e le opportunità del nostro tempo.