Buongiorno!
eccomi da te con una nuova versione di Corrente. Nuova piattaforma, una nuova sezione dedicata all’Intelligenza Artificiale Generativa, una nuova cover (la foto che vedi qui in alto, sempre generata con Midjourney), e il ritorno dei “Muri Filosofici”.
Quello che invece non è cambiato è la lunghezza della sezione dedicata alla Corrente. Avevo in programma di accorciarla, ma non ci sono riuscito. Uno dei motivi principali per cui ogni venerdì ti mando questa newsletter è che mi piace scriverla. Mi piace prendermi qualche ora per fare ricerche, vedere dove mi portano e scoprire ogni volta qualcosa di nuovo. Anche se poi si traduce in qualcosa di grezzo, anche se c’è qualche errore, non importa. Metto i miei pensieri su carta e te li mando così come sono, anche perché, per citare il Muro Filosofico di oggi, se non vomito parole, fa male.
Buona lettura!
Jacopo
PS: A quanto ho capito su Substack puoi scrivere commenti e fare like cliccando sulle icone in alto. Se lo fai ti ringrazio.
Corrente #92: Quitfluencer.
In un articolo pubblicato qualche anno fa su The Atlantic il giornalista Derek Thompson definisce il Workism come la convinzione che il lavoro non sia solo necessario alla produzione economica, ma sia anche il fulcro della propria identità e della propria vita, oltre alla convinzione che qualsiasi politica volta a promuovere il benessere umano debba sempre incoraggiare il lavoro.
Un'idea di economia che, secondo Thompson, sta impoverendo l'America oltre ad aver disatteso le aspettative di molti devoti americani che per decenni hanno visto nel proprio lavoro una sorta di religione e adesso che il sogno è svanito... quit!, si licenziano molto più di quanto avrebbero mai pensato di fare.
Nascono così i Climate Quitter, persone che si licenziano per protestare contro le strategie poco sostenibili delle aziende per cui lavorano. O i Quiet quitter, ovvero dipendenti che fanno di tutto per lavorare il meno possibile. O i Quitfluencer, dipendenti che, dopo aver lasciato il proprio lavoro o essere stati licenziati, incoraggiano, attraverso i propri canali Social, altre persone a seguire il loro esempio.
A loro si aggiunge il FIRE Movement, uno stile di vita il cui obiettivo è l’indipendenza finanziaria e la pensione anticipata, la YOLO Economy, ovvero la tendenza a lasciare lavori stabili in cerca di nuove avventure professionali, il movimento Tang ping in Cina e molte altre manifestazioni di un bisogno sempre più diffuso: ribilanciare il rapporto vita-lavoro dando più peso al proprio benessere.
Tutti questi fenomeni sono figli di un’epoca in cui, per la prima volta da molti anni, l’economia mondiale, a seguito del Covid, è stata rallentata, se non addirittura messa in pausa. E questa grande pausa ci ha portato a farci, come persone ma anche come professionisti, delle domande che un tempo mai ci saremmo fatti. Domande che prima del Covid, non avevano spazio nelle nostre vite spesso frenetiche e piene di impegni.
Oggi è dunque un ottimo momento per ripensare il nostro lavoro e il peso che gli vogliamo dare all’interno delle nostre vite. Cosa per noi è davvero importante? E, soprattutto, qual è lo stile di vita che vogliamo avere?
Talvolta confondiamo il fine (il nostro benessere) con il mezzo (il nostro lavoro) e questo può generare in noi stress, ansia e frustrazione.
Talvolta infatti confondiamo il fine (il nostro benessere) con il mezzo (il nostro lavoro) e questo può generare in noi stress, ansia e frustrazione. A differenza di un tempo però oggi esistono diverse modalità di lavoro che possono aiutarci a trovare un migliore equilibrio tra vita e lavoro. Dallo Smart Working al lavoro asincrono.
Per farlo però dobbiamo essere in grado di chiudere, in inglese «To quit», appunto. Dobbiamo conoscerci, sapere cosa per noi è davvero importante e chiudere tutto quello che non ci porta alcun valore.
Questo purtroppo non è facile perché viviamo in una società che, nel bene e nel male, sta andando sempre di più nella direzione di lasciare tutto aperto, tutto in versione beta, tutto in continuo aggiornamento. Tanto per gli oggetti quanto per le persone. Ci dobbiamo aggiornare di continuo, formare di continuo, cambiare di continuo. Essere multitasking, fare più cose contemporaneamente senza mai finirne nessuna. E così può succedere di associare l’idea di chiudere con quella di fallire.
Tuttavia essere in grado di porre fine a un progetto o un lavoro è un passaggio chiave per crescere. Ogni volta che chiudiamo qualcosa infatti, liberiamo spazio per qualcos’altro. Se abbiamo già speso troppo tempo su qualcosa che non aveva valore, meglio chiuderlo, non perderci altro tempo.
La chiave è passare dalla mentalità per cui chiudere corrisponde a fallire a quella per cui chiudere corrisponde a scegliere. Scegliere cosa fare e scegliere cosa non fare. Se riusciamo ad abbracciare questa mentalità, chiudere non sarà la fine di qualcosa di vecchio ma, al contrario, l’inizio di qualcosa di nuovo e, spesso, entusiasmante.
La chiave è dunque passare dalla mentalità per cui chiudere corrisponde a fallire a quella per cui chiudere corrisponde a scegliere. Scegliere cosa fare e scegliere cosa non fare. Se riusciamo ad abbracciare questa mentalità, chiudere non sarà la fine di qualcosa di vecchio ma, al contrario, l’inizio di qualcosa di nuovo e, spesso, entusiasmante.
Un buon esempio ci arriva dal film «Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera», diretto da Kim Ki-duk, dove un anziano monaco vive in un eremo senza pareti interne dove le stanze sono tra loro comunicanti, però tra uno spazio e l’altro ci sono delle porte che il monaco apre e chiude ogni volta che entra in una stanza. Potrebbe passargli accanto ma, invece, quando passa da un luogo all’altro utilizza la porta.
Seguendo questa metafora, è importante avere una mente completamente aperta senza muri dove i pensieri possano scorrere liberi tra loro e generare nuove connessioni e nuove idee, è però altrettanto fondamentale che tra un pensiero e l’altro ci siano delle porte che sanciscano la fine di un progetto o di un lavoro e l’inizio di uno nuovo. Un’idea che ricorda l’opera di Marcel Duchamp 11 Rue Larrey, Paris esposta alla Biennale di Venezia del 1978, dove c’era una sola porta per due stanze affiancate così che per aprirne una bisognava per forza chiudere l’altra e viceversa.
Il tema dunque non è quante attività stiamo facendo, più sono e più si avrà la possibilità di adattarsi a un contesto in continuo cambiamento, quello che importa è portare a termine, o chiudere, un progetto prima di aprirne un altro.
Cose interessanti che ho trovato o scritto online e offline.
/ Su Intelligenza Artificiale Generativa:
Uno dei dati più interessanti di questo grafico riguarda la creatività. Prima dell'avvento dell'Intelligenza Artificiale Generativa si prevedeva che l'IA avrebbe raggiunto un livello di creatività pari a quello del Quartile Superiore nel 2065. Oggi siamo scesi al 2031, e penso si scenderà ancora. [Link]
Nel 2023 sono nate moltissime startup basate su Intelligenza Artificiale Generativa (solo su Product Hunt sono aumentate del 300%), e iniziano a delinearsi le prime caratteristiche comuni. Qui ne trovi quattro. [Link]
L'anno scorso ho programmato una versione semplificata del gioco «Space Invaders» con i miei figli. Un po' per divertimento e un po' per vedere con loro le basi di HTML, CSS e JAVASCRIPT. Partendo da alcuni moduli che ho trovato online ci avevamo messo circa due ore. Settimana scorsa ho rifatto lo stesso esperimento con ChatGPT. Questa volta però partendo da zero. Qui trovi il codice. [Link]
Nelle 52 cose che Tom Whitwell ha imparato nel 2023 c'è anche un dato interessante su ChatGPT: Quando l’Italia ha temporaneamente vietato ChatGpt, la produttività degli sviluppatori italiani che scrivono codice è scesa del 50%. [Link]
Quanto guadagnano i ricercatori IA? Tanto. Sempre di più. [Link]
Character.ai e il mercato degli AI therapist bots per adolescenti. [Link]
50 Tech Trends per il 2024. Ovviamente al primo posto: Intelligenza Artificiale Generativa. [Link]
10 Breakthrough Technologies per il 2024 secondo il MIT. Anche qui al primo posto: Intelligenza Artificiale Generativa. [Link]
La lista dei 10 trend per il 2024 sulla pubblicazione di libri. Anche qui al primo posto: Intelligenza Artificiale Generativa. [Link]
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/ Su altre cose interessanti:
Il Global Risks Report 2024 del World Economic Forum. [Link]
Le migliori serie del 2023 per The Guardian. [Link]
Era nella mia ToDo list delle cose da fare nel 2024, "Aprire account Artifact". Ma questa settimana Artifact ha chiuso. A volte arrivare tardi aiuta a risparmiare tempo. [Link]
I tarocchi, fatti con opere d'arte da Google. [Link]
Se sei a Milano ti consiglio la mostra «Argentina. Quel che la notte racconta al giorno.» al PAC. L’opera di Leandro Erlich esposta all'esterno del padiglione, sarebbe stata perfetta per la mostra «Street Art Sweet Art» che come Art Kitchen producemmo nel lontano 2007 proprio al PAC. [Link]
Poesia italiane, in inglese. [Link]
Le più belle notizie del 2023, in un'infografica. [Link]
Le 20 migliori pubblicità del 2023. [Link]
Le previsioni per il 2024 di Scott Galloway. [Link]
10 Trends da monitorare nel 2024 secondo l'Economist. [Link]
Muro Filosofico
«Se non vomito parole fa male»
- sui muri di Milano
Come non pensare a Ludwig Wittgenstein che, con la sua enfasi sui limiti del linguaggio e sulla necessità di esprimere il pensiero, potrebbe interpretare 'Se non vomito parole fa male' come un'espressione della tensione tra ciò che può essere detto e ciò che si prova. Per Wittgenstein, ci sono aspetti dell'esperienza umana che sfuggono alla capacità descrittiva del linguaggio, ma il tentativo di esprimere queste esperienze in parole è un aspetto cruciale dell'esistenza umana. La frase potrebbe quindi alludere alla sofferenza causata dalla difficoltà di dare voce ai propri pensieri e sentimenti più profondi.
Scendendo a un livello ancor più psicologico, Sigmund Freud, con le sue teorie sulla psicoanalisi e l'espressione delle emozioni represse, potrebbe vedere 'Se non vomito parole fa male' come un riferimento al bisogno umano di esprimere pensieri e sentimenti repressi. Secondo Freud, la repressione di desideri e sentimenti può portare a disagio psicologico o malattia. Quindi, il 'vomito di parole' può essere interpretato come una necessità catartica di liberare le emozioni represse per evitare il dolore psicologico.