Buongiorno!
questa settimana su Linkedin ho fatto questa domanda: a un bambino o una bambina delle elementari è meglio insegnare ad essere ordinati o ad accettare il disordine e trovare il proprio equilibrio al suo interno?
Me lo sono chiesto perché, digitalmente parlando, mi ritengo una persona piuttosto ordinata. Inbox zero, desktop senza file o cartelle, foto, video e file archiviati nel mio Dropbox, cronologia del browser vuota…
Tuttavia, stiamo andando verso un futuro digitale sempre più entropico e caotico. Avremo una quantità di file e una complessità maggiore, utilizzeremo più programmi, spesso contemporaneamente, riceveremo sempre più messaggi, passeremo da un device a un altro, e vedremo e leggeremo molti più video e testi di quelli che leggiamo o vediamo oggi.
Sembra dunque valere anche per il nostro mondo il principio di non conservazione dell’entropia: è più probabile che stati a bassa entropia si evolvano in stati ad alta entropia piuttosto che il contrario.
All’interno di questo contesto mi domando se abbia più senso insegnare a un bambino ad essere sempre ordinato, come si fa a scuola («stai nei quadretti», «scrivi in ordine», «rispetta le righe»…), oppure se sia meglio accettare l’inevitabile aumento dell’entropia e dare ai nostri figli gli strumenti per imparare ad accettare il disordine e trovare il proprio equilibrio al suo interno, così che possano, per parafrasare il Muro Filosofico di oggi, vivere anche senza seguire sempre delle regole precise.
Secondo te cosa è meglio? Insegnare l'ordine o insegnare a trovare il proprio equilibrio nel disordine? Puoi farmelo sapere qui, grazie.
Buona lettura!
Jacopo
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Corrente #97: Outgoing Introvert.
Il filosofo tedesco Immanuel Kant non si allontanò mai più di venti chilometri dalla sua città natale, l’allora capoluogo della Prussia orientale, Königsberg. E per quarant’anni fece sempre le stesse cose, sempre nello stesso modo e sempre alla stessa ora. Si svegliava ogni mattina alle cinque e scriveva per tre ore. Poi andava in università dove insegnava per quattro ore. Finite le lezioni andava a pranzo sempre nello stesso ristorante. Dopo pranzo, faceva una passeggiata nel parco e poi tornava a casa. Tuttavia, nonostante il suo carattere fosse così introverso e la sua vita fosse così routinaria, Kant riuscì a coltivare una mente brillante e creativa, e a diventare una delle figure più importanti dell’intera storia della filosofia.
E non fu l’unico. Baruch de Spinoza, che annovero tra i pensatori più illuminati della storia, è morto a soli quarantaquattro anni, nello stesso letto a baldacchino nel quale fu concepito e dove dormì per tutta la vita a partire dalla morte dei suoi genitori. Così come Karl Popper che trascorse gli ultimi cinquant’anni della sua lunga carriera chiuso al mondo esterno e isolato dagli stimoli e dalle distrazioni. O Demostene che si rasò metà della testa così da costringersi a non uscire di casa e stare chiuso nella sua stanza a provare i suoi discorsi. E, come è noto, Vittorio Alfieri che si faceva legare alla sedia dal suo domestico per non uscire di casa e costringersi a studiare.
Sono tutti esempi di come l’essere, o il costringersi ad essere, introversi possa portarci a realizzare il nostro talento e raggiungere obiettivi straordinari. Non a caso, anche molti leader contemporanei sono considerati, o addirittura si definiscono, introversi. Pensiamo a Bill Gates, Jeff Bezos, Elon Musk, Sergey Brin, Marissa Mayer, Warren Buffett, Steve Wozniak, Pether Thiel o Mark Zuckerberg.
L’essere, o il costringersi ad essere, introversi può portarci a realizzare il nostro talento e raggiungere obiettivi straordinari. Non a caso, anche molti leader contemporanei sono considerati, o addirittura si definiscono, introversi.
Ciò nonostante, la cultura manageriale, ha sempre visto gli introversi come persone non adatte a fare i leader. Secondo una ricerca infatti, circa il 65% dei top manager vede l’essere introverso come un ostacolo alla leadership e solo il 6% pensa che gli introversi abbiano le capacità umane necessarie per supervisionare un team di successo.
Dall’altra parte invece, il 96% dei dirigenti di alto livello si identifica come estroverso e molto spesso, nella letteratura l’essere estroversi è considerata la caratteristica più importante per un leader. Tanto che una persona carismatica ed estroversa ha più del doppio delle probabilità di essere assunta come amministratore delegato, anche se poi, nei fatti, queste sue caratteristiche non siano in alcun modo correlate a una migliore performance.
Questo preconcetto deriva da una visione troppo dicotomica della personalità umana. Introverso o Estroverso. Carismatico o Timido. Nella realtà questi orientamenti non sono così definiti, tanto che si parla di «ambiversione», per sottolineare come i livelli di introversione e di estroversione siano parte di un singolo continuum, all'interno del quale alcune persone si collocano vicino a un’estremità e altri addirittura nel centro: stiamo bene tanto in mezzo alle persone, quanto da soli. Oppure cambiamo atteggiamento a seconda del contesto in cui ci troviamo, o delle persone con cui ci stiamo relazionando.
In questo scenario si inserisce anche il fenomeno degli «Outgoing Introvert» intesi come persone tipicamente introverse che amano tuttavia essere al centro dell’attenzione e avere relazioni sociali.
Secondo la a psicologa clinica Dara Bushman «per gli Outgoing Introvert, è come se si accendesse un interruttore quando arrivano a una festa. Essere al centro dell'attenzione può far emergere il loro lato personale e farli brillare.» Tuttavia nel momento in cui l'attenzione inizia a calare, e l'interruttore si spegne, le persone introverse si sentono esauste e hanno bisogno di un po’ di tempo per ricaricarsi.
L’interruttore che accende l’estroversione degli introversi può essere una festa, o un palco, o una sala riunioni. Contesti dove le persone si sentono in un certo senso autorizzate ad essere al centro dell’attenzione e dove possono dare spazio al proprio talento creativo o professionale.
L'interruttore che accende l’estroversione degli introversi può essere una festa, o un palco, o una sala riunioni. Contesti dove le persone si sentono in un certo senso autorizzate ad essere al centro dell’attenzione e dove possono dare spazio al proprio talento creativo o professionale, trasformandosi dunque in Introversi (Introvert) che escono allo scoperto (Out Going).
Se ti è capitato di sentirti così, questi sono alcuni segnali per capire se appartieni anche tu a questa categoria:
Sebbene ci sentiamo sicuri nel relazionarci con gli altri, troviamo gratificante anche il tempo trascorso da soli.
Sentiamo una scarica di adrenalina nei contesti sociali, ci accendiamo, talvolta ci trasformiamo, ma una volta finito tutto, ci sentiamo completamente esausti.
Il nostro desiderio di socializzare dipende sempre dal nostro livello di energia attuale. Prima di immergerci nuovamente in un contesto sociale abbiamo bisogno di un po’ di tempo da soli per ricaricarci.
Come dimostrano questi segnali, il punto chiave degli Outgoing Introvert è l’energia. La psicologa clinica Carla Marie Manly afferma infatti che «la differenza più grande tra una persona timida e un introverso è il fattore paura. Mentre una persona timida è generalmente ansiosa e timorosa in contesti sociali sconosciuti, una volta che si sente a proprio agio può trarre energia dalla socializzazione. L’introverso, al contrario, non ha necessariamente paura degli ambienti sociali, ma può perdere rapidamente energia o sentirsi esaurito da essi.»
La sostanza cambia invece, e di molto, quando parliamo di altri fenomeni, tipici della nostra epoca e vicini al concetto di «Outgoing Introvert», come gli «Ultra-Introversi», definiti da The Atlantic anche «Nocturnals», per sottolineare la loro tendenza a lavorare e vivere di notte pur di godersi la propria solitudine. Oppure gli «Hikikomori», persone, spesso giovani, che decidono di limitare o ridurre la propria vita sociale, spesso ricorrendo a livelli estremi di isolamento.
In questi casi l’introversione assume delle connotazioni al limite del patologico che ci portano a implodere in noi stessi, sfidando uno dei dogmi, veri e dimostrati, della psicologia: possiamo essere introversi, estroversi o ambiversi, ma siamo comunque esseri sociali e per realizzatrici ed essere felici avremo sempre bisogno di stare, anche, in mezzo agli altri.
Cose interessanti che ho trovato o scritto online e offline.
/ Su Intelligenza Artificiale Generativa:
Il 5 Marzo terrò un Webinar dedicato a studenti e laureati su come l’Intelligenza Artificiale Generativa cambierà il futuro del lavoro oggi, ti puoi iscrivere qui. [Link]
Un po' di libri consigliati da Sam Altman. [Link]
Come l'IA sta cambiando la nostra vita. [Link]
Una domanda a tutti i creativi e le agenzie in ascolto: Negli anni Venti è arrivata l'Intelligenza Artificiale Generativa, cosa penserai della tua agenzia se un domani non userà l'Intelligenza Artificiale Generativa? [Link]
ChatGPT versione gratuita non è ChatGPT. Per capirne il vero potenziale serve ChatGPT Plus. [Link]
Stiamo andando verso una formazione AI2AI (fatta dai robot per i robot)? [Link]
Il problema di Gemini con i bianchi. [Link]
Stability AI ha annunciato il rilascio di Stable Diffusion 3. [Link]
10 Corsi gratuiti del MIT. [Link]
Se ti interessa il tema Intelligenza Artificiale Generativa, qui trovi il mio corso “Prompt Design” (ti puoi iscrivere con il 30% di sconto utilizzando il codice N30). Mentre qui puoi iscriverti alla newsletter gratuita dove ogni lunedì condividiamo le principali notizie dal mondo AI.
/ Su altre cose interessanti:
Questa settima ho finito di leggere il libro «I 365 giorni che hanno cambiato la storia» una raccolta di 365 eventi storici spesso noti ma che non fa mai male ricordare. Anche perché, come era prevedibile, molti dei fatti raccontati sono episodi violenti e drammatici che è giusto ricordare per evitare che si ripetano. Come il massacro di studenti a Città del Messico nel 1968 o quello di Sabra e Shatila del 1982. Tuttavia nel libro c'è anche qualche piccolo atto d'amore. Come il blackout nella costa est degli Stati Uniti del 9 novembre 1965 che, si dice, contribuì al boom di natalità che si registrò a New York nove mesi dopo.
A proposito di New York, un video che riproduce l'evoluzione di New York dal 1540 al 2023. [Link]
Una mappa interattiva delle colonne sonore dei film. [Link]
Qualche tecnica per ottimizzare le nostre giornate e aumentare la produttività. [Link]
Le mucche uccidono più di 4 volte le persone che uccidono gli squali. Ogni anno i coccodrilli uccidono 1.000 persone e i cani 30.000. E poi ci sono le zanzare che raggiungono il milione. [Link]
Un medico ha acquistato un libro del medico fiammingo Andrea Vesalio per 10.000 dollari, poi ha scoperto che le annotazioni scritte a mano presenti nel libro erano in realtà correzioni e note dello stesso Vesalio. Alla fine ha venduto il libro per 2.2 milioni di dollari. [Link]
Qualche consiglio su come crescere figli geniali. [Link]
Le dimensioni di (quasi) tutto. [Link]
Muro Filosofico
«I live you follow rules»
- sui muri di Venezia
Henry David Thoreau, con la sua enfasi sulla disobbedienza civile e l'individualismo, potrebbe vedere in 'I live you follow rules' un manifesto di libertà personale. Thoreau sosteneva che la vita dovrebbe essere vissuta secondo i propri principi, non secondo regole imposte dalla società. Questa frase riflette la sua visione di una vita vissuta autenticamente, seguendo il proprio percorso piuttosto che aderire acriticamente alle norme sociali soprattutto quando queste vanno contro i diritte dell'uomo.
Friedrich Nietzsche invece, con il suo concetto di 'Übermensch' o superuomo, potrebbe interpretare 'Io vivo tu segui le regole' come una dichiarazione di forza vitale e indipendenza. Per Nietzsche infatti, il superuomo è colui che crea i propri valori e vive oltre le convenzioni morali tradizionali. Questa frase può essere vista come un'espressione del desiderio di vivere al di là delle regole e delle norme stabilite, incarnando la filosofia nietzscheana di auto-superamento e rifiuto delle masse conformiste.